Una vita intensa, coronata dai successi, ma oscurata anche da eventi tragici. Una vita dedicata alla danza, la grande passione della sua vita, forse al secondo posto solo dopo il marito, un ingegnere russo purtroppo scomparso prematuramente. E poi le soddisfazioni per la figlia Daria, anche lei ballerina e studentessa universitaria.
Sono le luci e le ombre della vita di Bella Ratchinskaia, danzatrice, coreografa, insegnate di danza classica, secondo il famoso metodo Vaganova. Le stesse luci e le stesse ombre che si vedono anche nei suoi disegni, che ci mostra mentre racconta della sua vita. Quasi sempre figure femminili dal corpo perfetto, danzatrici o comunque figure eteree, illuminate da raggi di sole o di luna, quasi sempre in movimento oppure sedute in posizione di meditazione a guardare il cielo, sempre alla ricerca di qualcosa che va oltre la realtà.
Bella Ratchinskaia, anche se nell’ambiente non è una che, come si suol dire, “si dà troppe arie” è stata anche la maestra di grandi etoile della danza come Roberto Bolle o Massimo Murru, Emanuela Montanari e Deborah Gismondi , Mick Zeni e molti altri primi ballerini della Scala. Ma non solo, in campo internazionale sono molti i suoi ex allievi che hanno vinto importanti concorsi o sono entrati in compagnie internazionali come Shoko Nakamura attualmente allo StaatsOper Berlin, Maria Kousouni al Teatro di Atene, Leon Cino e molti altri come Larisa Legnina e Nadia Sajdakova.
Bella è arrivata da San Pietroburgo alla Scala di Milano, poi dalla Scala è passata per un po’ di anni a lavorare all’Opera di Vienna, per poi trasferirsi all’Opera di Roma e da qui di nuovo a Milano, la città che ormai l’ha adottata e nella quale è arrivata nel 1990 e dove tuttora abita, quando non è in giro per il mondo.
Lei è stata la prima insegnante russa a lavorare alla Scala di Milano e a insegnare il famoso “metodo Vaganova”?
Sì è vero, quando sono arrivata nel 1990 non sapevo nemmeno una parola di italiano e non è stato molto facile. Per fortuna ho incontrato Anna Maria Prina, che allora era direttrice della Scuola di Ballo dell'Accademia Teatro alla Scala e conosceva benissimo il russo e quindi mi ha aiutato moltissimo. Anche i sistemi di studio erano molto diversi, io venivo dall’Accademia Vaganova , dove ero entrata a dieci e dove mi sono poi diplomata. Con la Prina, donna molto intelligente e precisa, abbiamo imparato a conoscerci e nel corso degli anni siamo diventate poi anche molto amiche. A dire il vero quando sono arrivata alla Scala, il direttore del corpo di ballo Robert De Warren mi aveva proposto due tipi di contratto. Uno più corto per lavorare in compagnia e uno più lungo per lavorare nella scuola di Ballo. Poiché avevo con me mia figlia che studiava anche lei danza, ho accettato la seconda ipotesi.
Lei, sia come insegnante di danza classica che come mamma di una ballerina, ha avuto a che fare per anni e anni, e continua tutt’ora, con giovani danzatrici e danzatori. Che cosa ci può dire del problema dell’anoressia di cui si sta parlando molto in questi ultimi tempi? Essere per forza magri nel periodo adolescenziale fa male alla salute di un giovane in via di sviluppo?
Sicuramente non possiamo negare che i canoni della bellezza e della perfezione del corpo sono al centro di un mestiere come è quello della ballerina o del ballerino professionista. Oggi poi sono cambiati ulteriormente i modelli femminili anche nelle compagnie dove, a differenza di anni fa, i direttori vogliono ballerine e ballerini piuttosto alte. Ovviamente in particolare per le donne, dovendo danzare sulle punte, è necessario essere magre per sostenere il peso del corpo, altrimenti si possono creare dei traumi.
Per quanto riguarda il discorso puramente estetico, le ragazze in genere si confrontano nella danza, ma anche nella vita di tutti i giorni, con lo specchio e i modelli femminili che vengono proposti, non solo dalla danza ma anche dalla moda o dalla pubblicità, sono quelli della magrezza che è diventato quasi sinonimo di bellezza.
Per quanto riguarda la danza è chiaro che essere più magri facilita l’agilità del movimento ma il problema dell’anoressia non riguarda in particolare solo il mondo della danza, ma la vita quotidiana di tutti gli adolescenti che nell’età dello sviluppo possono incontrare questo problema. In questo senso sia noi docenti che la famiglia, dobbiamo stare molto attenti e vigilare i giovani.
Però per una ballerina può essere più facile cadere in anoressia?
Lo ripeto, per me questo è un problema che nasce soprattutto all’interno della famiglia, e dunque può succedere anche ad una ballerina. Ovvio che questa professione è molto difficile perché richiede un corpo perfetto, ci deve essere anche la predisposizione a non ingrassare e non sempre il fisico giusto porta poi a svolgere veramente questa professione, perché a volte per esempio manca la disciplina. Può succedere anche che chi ha il fisico giusto poi non è studioso. Inoltre ballare non deve essere per chi lo fa una fatica. Se si comincia ad avere tentennamenti o perplessità, vuole dire che non è la strada giusta. Danare è come abbracciare una religione, è una missione e se si sente il peso o la stanchezza di una scelta come questa, vuol dire che non si ha la passione sufficiente per fare questo lavoro.
Non è stato certo il suo caso, vero? Ha mai pensato di smettere di danzare?
Mia mamma diceva che prima di cominciare a camminare, ho cominciato a ballare. E in effetti è sempre stato così, e ho intenzione di continuare a farlo ancora fino a quando posso. Ho avuto grandi soddisfazioni, oltre alla possibilità di lavorare con persone fantastiche come Carla Fracci all’Opera di Roma, e Frederic Olivieri, l’attuale direttore della Scuola di Ballo della Scala che mi ha chiamato nuovamente alla Scala nel 2008, per insegnare ai corsi più avanzati dal quinto al settimo anno. Io ero a Roma e a dire il vero ci stavo bene, però a Milano c’erano molti amici come per esempio la mia grande amica pianista Gianna Botolova e tanti ballerini che conoscevo, quindi sono voluta tornare in questa città.
Quali sono i suoi progetti futuri?
Tanti, ma soprattutto continuare a ballare e insegnare la danza. Certo la vita mi ha dato molto, ma mi ha anche colpito duramente. La morte prematura di mio marito avvenuta proprio quando ero riuscita a riunire tutta la mia famiglia qui a Milano e lui aveva trovato finalmente lavoro, mi ha stroncato. Mi sono ritrovata da sola con il mio lavoro e mia figlia, per fortuna. Poi c’è stato un altro episodio nel 2009, quando a causa di un incidente stradale avvenuto qui in città, sono stata in coma per quattro giorni, ho rotto varie parti del copro e sono stata per cinque mesi in ospedale. Eppure la mia buona stella mi ha aiutato. Mi considero una miracolata. Sono ancora qui a ballare e a insegnare. I miei colleghi sono stati fantastici e i medici milanesi ancora di più, in particolare il professor Francesco Maggi primario dell’Istituto ortopedico e traumatologico Gaetano Pini, che mi hanno rimesso in piedi.
Per concludere, come dico sempre quando i giovani ballerini entrano in crisi, senza terra non si può andare in cielo. Cioè senza una buona base, una buona spinta, una buona motivazione, non si può arrivare in alto.